L’Edema Maculare Diabetico (EMD) è una patologia oculare degenerativa correlata alla Retinopatia diabetica. Rappresenta la causa principale di invalidità visiva nei pazienti con diabete; spesso conduce anche alla cecità, compromettendo lo svolgimento di attività quotidiane. Il diabete nel nostro Paese colpisce circa il 6,34% della popolazione, pari a 3,84 milioni, a cui si aggiunge un altro 2% circa di sommerso. In Europa, circa 58 milioni di persone vivono attualmente con il diabete mellito di tipo 2; saliranno a 67 milioni entro il 2045. Il diabete è una malattia subdola, poiché spesso il paziente se ne accorge solo quando si verificano importanti complicanze. Tra queste, quelle a livello cardiovascolare o nefrologico sono quelle più comuni ed esaminate, mentre l’aspetto retinico è spesso sottovalutato, pur rivestendo primaria importanza.

In Italia, complicanze simili si verificano in oltre il 20% dei pazienti diabetici, una cifra analoga a quelle di tipo cardiovascolare e non di molto inferiore alla nefropatia (che raggiunge poco meno del 40%). Ne ha parlato il Prof. Francesco Rossi, Professore di Farmacologia all’Università della Campania Luigi Vanvitelli, nel corso del programma “Genetica Oggi” in onda su Radio Cusano Campus.

Da alcuni anni sono disponibili nuove terapie per l’EMD, rappresentate in particolar modo dagli impianti intravitreali di cortisonici a lento rilascio e dalle iniezioni intravitreali di farmaci anti-VEGF, che hanno del tutto rivoluzionato la prognosi dei pazienti. I cortisonici, ovvero gli antinfiammatori steroidei, combattono direttamente l’infiammazione ed hanno il grande vantaggio di non correlarsi alla comparsa di eventi avversi sistemici. A seconda del corticosteroide e della tipologia di impianto, tali farmaci vengono somministrati con una frequenza che varia da 6 a 12 mesi.

Al contempo, i farmaci anti-VEGF, bevacizumab, aflibercept, ranibizumab e pagaptanib, mostrano un profilo di efficacia e sicurezza estremamente favorevole nella gestione dell’EMD, associandosi tutti ad un significativo miglioramento dell’acuità visiva. Tali farmaci sono somministrati tramite iniezioni intravitreali con cadenza mensile.

Ad oggi abbiamo già quattro molecole anti-VEGF disponibili per l’uso nella pratica clinica, ma nuove molecole sono attualmente in fase avanzata di sperimentazione clinica, inclusi nuovi farmaci in grado di inibire i recettori tirosin-chinasici PDGFR e VEGFR – sottolinea Francesco Rossi, Professore di Farmacologia all’Università degli studi della Campania “Luigi Vanvitelli” e Responsabile Scientifico del Convegno – Permane il problema della ridotta aderenza alla terapia, sia per gli impianti intravitreali di cortisonici che per i farmaci anti-VEGF, ovvero il non conformarsi del paziente alle raccomandazioni del medico riguardo a tempi, dosi e frequenza nell’assunzione dei farmaci per l’intero ciclo della terapia. Poiché l’aderenza ricopre un ruolo essenziale nel raggiungimento di esiti clinici ottimali, semplificare il regime della terapia potrebbe migliorare notevolmente la gestione del paziente affetto da EMD”.

Andrea Lupoli

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